Un Ticino propositivo e non semplicemente rivendicativo o, peggio, lamentoso e piegato nel vittimismo. Questo si può dire della proposta, presentata il 7 marzo dal Consiglio di Stato, per l’applicazione dell’articolo costituzionale sull’immigrazione di massa, votato il 9 febbraio 2014. I contenuti della proposta ticinese sono stati illustrati dettagliatamente dalla stampa: non è quindi necessario ripeterli. La clausola di salvaguardia ticinese è un’alternativa alla clausola di salvaguardia proposta pochi giorni prima dal Consiglio federale. Quale vantaggio ha rispetto a quella di Berna? Soprattutto uno: molto probabilmente è più digeribile per l’Unione europea. La domanda cruciale è questa: è sufficientemente digeribile per Bruxelles e per i 28 Stati per i quali la libera circolazione delle persone che cercano e trovano lavoro resta un pilastro insostituibile? Forse no, ma è giusto affrontare i prossimi mesi con un ragionevole ottimismo e non lasciare quindi nulla di intentato. Il popolo sovrano svizzero ha manifestato la sua volontà nella votazione del 9 febbraio 2014. Si è espresso sulla base di sentimenti e preoccupazioni che si aggirano in tutta europa: gli elettori delle altre nazioni europee hanno regolarmente manifestato preoccupazioni analoghe in occasione delle loro elezioni, nelle elezioni sia europee, sia nazionali, sia regionali che si sono svolte negli ultimi anni. Ed è probabile che torneranno a farlo. Questo dovrebbe rendere anche gli altri Paesi d’Europa più aperti a una soluzione. Non c’è dubbio che la clausola ticinese rimetta in discussione la libertà di circolazione: lo fa tuttavia in modo più ragionevole e diversificato. Ma – per seguire l’ordine del sovrano – lo fa. Sia per i frontalieri, sia per gli immigrati. Il principio della preferenza per la manodopera residente era stato abolito proprio con l’applicazione completa dei Bilaterali: ora, per rispondere al nuovo articolo 121a della Costituzione federale il Governo ticinese lo rilancia, con il modello elaborato dall’ex segretario di Stato Michael Ambühl. Molto difficilmente l’Italia sarà disposta ad accettarlo: ci sono già molti malumori nella penisola per il nuovo accordo sulle imposte dei frontalieri; un’ulteriore restrizione per quei lavoratori sembra destinata a cozzare contro un muro di no. Quanto all’immigrazione, non sarà facile far accettare da Bruxelles né l’una né l’altra variante di clausola di salvaguardia. Nel confronto con gli altri Paesi, la Svizzera e i diversi Cantoni hanno una situazione nettamente migliore quanto a disoccupazione e condizioni salariali. Siamo ad un bivio: l’iniziativa del 9 febbraio richiede uno “strappo” sui Bilaterali. Se Bruxelles e i 28 Stati diranno no alle nostre proposte, cosa faremo? Daremo la disdetta della libera circolazione? Questo non è previsto dall’articolo costituzionale votato dal Popolo, che prevede invece una rinegoziazione cioè un accordo con l’UE. Certo, c’è il rischio che Bruxelles rimandi tutto al mittente, ma sarebbe bello se la proposta ticinese fosse l’uovo di Colombo.
Marina Masoni / Articolo apparso sulla NZZ am Sonntag il 20 marzo 2016
Pubblicato il: 25/03/2016