Cosa sarebbe successo se alle elezioni federali il Partito socialista avesse sfiorato il 30% dei voti e a metà dicembre Moritz Leuenberger non fosse stato rieletto in Consiglio federale? Stampa e opinion maker avrebbero parlato di golpe incompatibile con lo spirito della democrazia svizzera di concordanza.Il 21 ottobre scorso l’Unione democratica di centro ha vinto le elezioni. I suoi consensi sono aumentati dal 26,7% del 2003 al 28,9%, i seggi al Nazionale da 55 a 62. Malgrado questo successo, il 12 dicembre una maggioranza formata da deputati dei gruppi PS, PPD e Verdi, con alcuni radicali, ha destituito il consigliere federale Christoph Blocher ed eletto al suo posto la grigionese Eveline Widmer-Schlumpf. Il maggior partito svizzero si ritrova così in Consiglio federale due “rappresentanti” che non lo rappresentano, perché eletti entrambi di misura contro la volontà e contro i candidati ufficiali del partito.La maggior parte della stampa ha accolto favorevolmente questa defenestrazione; nessuno ha parlato di golpe né di attentato alla democrazia di concordanza. Così funziona nel nostro Paese il sistema dei due pesi e delle due misure. Blocher è un politico molto profilato. Può piacere e non piacere: molti cittadini lo detestano, molti lo ammirano. Di là delle simpatie o antipatie individuali, come consigliere federale ha lavorato bene. In diverse occasioni (votazioni popolari) è stato sostenuto da una chiara maggioranza di cittadini (pensiamo alla recente votazione sulla politica d’asilo). Il suo partito è stato largamente premiato dagli elettori. Dal profilo democratico risulta quindi molto difficile giustificare la manovra che ha portato alla sua esclusione dal Consiglio federale. Quasi un quarto e oltre dell’elettorato oggi non è più rappresentato nell’Esecutivo. Questo è incompatibile con il proporzionalismo e con il sistema della concordanza che a parole gli avversari di Blocher affermano di sostenere.Il metodo con cui si è arrivati alla mancata rielezione del politico zurighese lo è ancor più. Una manovra ordita dietro le quinte, alle spalle degli elettori, senza alcuna motivazione che non fosse il pregiudizio personale. Chi non voleva la rielezione di Blocher, avrebbe dovuto dichiararlo pubblicamente prima delle elezioni del 21 ottobre, annunciando che, indipendentemente dal risultato delle urne, non avrebbe rieletto il capo del Dipartimento di giustizia e polizia. Socialisti ed estrema sinistra si erano espressi in questo senso; il PPD – che è stato decisivo nell’attuazione della manovra – no. Quanto accaduto ricorda il peggio delle peggiori democrazie parlamentari, in cui i vertici di partito fanno il bello e il brutto tempo senza minimamente considerare la volontà dei cittadini elettori.Per il cosiddetto centro politico, la defenestrazione di Blocher si rivelerà tuttavia molto presto per quello che è: un autogoal. In Consiglio nazionale non esiste una maggioranza di centro che possa decidere senza il consenso della sinistra: mancano i numeri. Cosa faranno i centristi “golpisti”? Rischiano di dover scegliere per un intero quadriennio tra una politica di centro-sinistra subita e la paralisi determinata dal passaggio dell’UDC all’opposizione. Proprio una bella prospettiva.

Marina Masoni
20 dicembre 2007

Pubblicato il: 20/12/2007