Perché i ticinesi sono preoccupati per il lavoro? Come mai le famiglie non guardano con serenità al futuro dei loro figli che oggi studiano e si formano? È palpabile un’inquietudine abbastanza diffusa. E spesso questa inquietudine diventa risentimento. Eppure i dati dell’economia in Ticino sono ancora positivi: il PIL cresce, sebbene a un tasso non elevato, i posti di lavoro aumentano, anche i salari registrano incrementi, come conferma l’andamento del gettito fiscale dell’imposta sul reddito delle persone fisiche.
Dove sta l’inghippo? Al di là delle difficoltà della piazza finanziaria, c’è un dato reale che spiega l’inquietudine dei ticinesi: la maggior parte delle nuove opportunità di lavoro create negli ultimi anni sembra andare a beneficio non dei residenti, ma di cittadini che abitano e vivono fuori cantone. In Ticino ci sono oggi 184mila posti di lavoro (dati Statimp, II trimestre 2013). Poco meno di un terzo è occupato da lavoratori frontalieri, che sono quasi 60mila (in base alla Statistica dei frontalieri, Staf, dell’Ufficio federale di statistica erano 58’663 nel II trimestre 2013). Finché la disoccupazione diminuiva, l’aumento del numero dei frontalieri non creava grandi problemi. Tuttavia da due anni la disoccupazione aumenta in Ticino sebbene ci siano crescita economica e aumento dei posti di lavoro: 4,2% nel 2011, 4,4% nel 2012, 4,5% nella media degli ultimi 12 mesi.
Il mercato del lavoro è molto dinamico, ma l’impressione immediata della popolazione è che questo dinamismo porta più benessere fuori Ticino che dentro il Ticino. L’evoluzione di medio-lungo periodo è significativa. Dopo la grave crisi della prima metà degli anni Novanta (quindi dal 1997/98) il numero dei posti di lavoro è aumentato di oltre trentamila unità (da 151mila a 184mila); nello stesso periodo i frontalieri sono aumentati da 26mila a 59mila (dati Statimp e Staf). Quindi: 33mila impieghi in più, 33mila frontalieri in più. E negli anni recenti, i frontalieri sono aumentati più dei posti di lavoro. C’è chi parla di un “effetto sostituzione” generato dalla libera circolazione delle persone dopo la fase transitoria degli Accordi bilaterali. Nascono da qui l’inquietudine e il risentimento di molti ticinesi. Tutti vedono quotidianamente e concretamente i frontalieri, sulle strade e sul posto di lavoro; non tutti vedono i vantaggi che dall’apertura dei mercati ci derivano; nessuno può vedere i danni (gravi) che la chiusura avrebbe causato. In questa situazione nuova, recente, né i politici né gli economisti hanno saputo finora proporre una strategia e interventi che restituiscano serenità e fiducia ai non pochi ticinesi che le hanno smarrite.
25.10.2013
Articolo apparso sulla NZZ am Sonntag il 3 novembre 2013 con il titolo “Die Sorgen der Tessiner”
Pubblicato il: 03/11/2013