Oggi domenica 22 settembre sapremo se i cittadini del Cantone Ticino hanno accettato o respinto l’iniziativa popolare che proponeva di inserire nella Costituzione cantonale un principio fondamentale della nostra società: negli spazi pubblici le persone si muovono a viso scoperto, indipendentemente dalle loro convinzioni religiose, filosofiche, politiche. La votazione è un test di valenza non solo cantonale. La Francia e il Belgio hanno già regolato la questione, con una soluzione molto simile a quella che ha animato un intenso dibattito in Ticino. L’Olanda potrebbe fare altrettanto. È certo che, qualunque sia il risultato scaturito dalle urne, il dibattito non si spegnerà.

Il tema interessa tutti noi che abbiamo a cuore le basi del nostro modello di società. In questo modello ci sono valori e principi ampiamente condivisi. Alcuni lo sono al punto da essere scontati: nessuno ha mai pensato che fosse necessario ancorarli nella Costituzione o nelle leggi. Tuttavia una società libera e aperta come la nostra può essere confrontata con cambiamenti politici e sociali improvvisi oppure di forte impatto. E alcuni cambiamenti possono essere incompatibili con i nostri principi di libertà, apertura, tolleranza, dignità umana, che sono un vero e proprio patrimonio dell’umanità.

L’apertura dell’Europa all’Islam, in sé un passo pienamente in linea con i nostri principi, ha portato la nostra società a confrontarsi anche con costumi e imposizioni che negano questi principi: il burqa e il niqab. C’è chi dice che è la religione islamica a prevederli; c’è invece chi contesta questo legame, affermando che il Corano non prevede né il burqa né il niqab. Ma il fatto che siano o non siano previsti dalla religione, non cambia i termini del problema. Mostrare il volto in pubblico è un principio essenziale e costituente della nostra società. Da sempre in Occidente si mostra il volto per mettersi in relazione con il prossimo e permettergli di conoscere la nostra identità. Accettare lo sguardo degli altri sul proprio viso, o sul viso della propria moglie, madre, figlia o sorella, è il gesto minimo di tolleranza richiesto a tutti. Questa disponibilità verso il prossimo è la base minima della nostra convivenza civile. Ecco perché più di undicimila cittadini hanno chiesto di ancorare questo principio nella Costituzione. Se ne parlerà ancora a lungo qualunque sia stato il risultato del voto, perché la Svizzera è in Europa e ciò che succede attorno a noi non ci risparmia: siamo un Paese aperto, non chiuso.

MM / 17.09.2013

Articolo apparso sulla NZZ am Sonntag il 22 settembre 2013 con il Titolo “Das Tessin könnte als erstere Kanton die Burka verbieten”

Pubblicato il: 23/09/2013