Una parte del Ticino ha criticato il fatto che i consiglieri federali impegnati nella campagna contro l’iniziativa dell’UDC sull’immigrazione non abbiano previsto interventi al sud delle Alpi. O meglio: i consiglieri federali avevano previsto di non intervenire poi, sull’onda della polemica, dapprima di intervenire e per finire di non intervenire. Le critiche provengono sia da politici contrari all’iniziativa UDC, i quali temono che in Ticino prevalga il sì, sia da esponenti favorevoli, per i quali il disinteresse dei consiglieri federali è un motivo in più per approvare l’iniziativa.

L’acceso dibattito in corso su questo oggetto in votazione riflette i cambiamenti che la società ticinese vive da quando è stato creato il mercato unico europeo e la Svizzera si è posta la domanda su come partecipare al processo di integrazione. La politica dell’immigrazione è qualcosa di diverso dalla strategia verso l’Europa unita, sebbene ci siano evidenti punti di contatto. Tuttavia questa separazione è andata a poco a poco scomparendo. L’iniziativa dell’UDC è stata lanciata ed è utilizzata quale strumento per combattere l’accordo con l’UE sulla libera circolazione.

A dispetto del cliché che vede la società ticinese molto xenofoba, i cittadini del Cantone Ticino hanno sempre respinto, in votazione popolare, le proposte di chiara matrice xenofoba o di chiusura nei confronti degli stranieri. Negli anni Settanta, ai tempi di Schwarzenbach, avevano bocciato (in alcuni casi con maggioranze più forti di quella a livello nazionale) tutte le iniziative popolari contro gli stranieri. Questo orientamento è stato confermato in tempi più recenti (24 settembre 2000) nella votazione sull’iniziativa per una regolamentazione restrittiva dell’immigrazione (tetto del 18%): 59,4% no, 40,6% sì.

Diverso l’orientamento sulla questione europea. Pochi mesi prima di aver dimostrato apertura verso gli immigrati, i ticinesi avevano assunto una posizione di chiusura verso l’UE, opponendosi, il 21 maggio 2000, agli Accordi bilaterali (57% no, 43% sì). È un no figlio del cambiamento politico intervenuto all’inizio degli anni Novanta, quando nacque la Lega dei ticinesi. Il no del Ticino fu decisivo per la maggioranza popolare contro lo SEE (oltre 32mila voti ticinesi di differenza a vantaggio del no mentre sul piano nazionale il no vinse per 24mila voti). In tutte le votazioni successive su temi europei il Ticino si è opposto (Schengen e Dublino: 61,9% no; estensione della libera circolazione: 63,9% no; cooperazione con gli Stati dell’Europa dell’est: 62,9% no; allargamento a Bulgaria e Romania: 66,1% no).

Adesso formalmente si vota sull’immigrazione, in realtà sui Bilaterali. Quale Ticino prevarrà? Quello che si è sempre dimostrato aperto all’immigrazione o quello che ha sempre chiuso le porte all’UE? Forse anche i consiglieri federali danno per scontato il sì ticinese all’iniziativa. Potrebbe essere un errore di valutazione.

Marina Masoni / 20.01.2014

Articolo apparso il 26 gennaio 2014 sulla NZZ am Sonntag, con il titolo “Welches Tessin überwiegt?” e il 28 gennaio 2014 sul Giornale del Popolo con il titolo “Ticino, tra immigrazione e Europa Unita”

Pubblicato il: 31/01/2014