Il ballottaggio di domenica 18 novembre ha chiuso in Ticino le elezioni federali. Il risultato della Camera alta ha sorpreso e spiazzato chi confidava in una prevalenza della nascente intesa radical-socialista. I fautori di questa alleanza hanno tentato una forzatura – come giustamente l’ha definita il “Corriere del Ticino” – che la maggioranza degli elettori non ha accettato.
La geografia del voto di ballottaggio è molto trasparente: nel Sottoceneri Filippo Lombardi non solo ha rintuzzato l’attacco di Franco Cavalli, ma ha primeggiato anche su Dick Marty. Il consigliere agli Stati del PPD, rappresentante di una linea di centro-destra, si è imposto in molti Comuni a maggioranza liberale. L’area moderata del partito di maggioranza relativa ha quindi espresso un voto di indirizzo politico, al di là dell’appartenenza partitica. È anche il segnale di una maturità civica e politica dei cittadini, che sanno anteporre gli interessi generali del Paese alle intese partitiche o tra esponenti di punta dei partiti e ai richiami alla disciplina di partito, oramai del tutto inefficaci.
Il Partito socialista esce malconcio da queste elezioni federali. Rispetto a quattro anni fa la sconfitta è netta: il PS torna largamente terza formazione in Ticino; non solo non avanza, ma indietreggia marcatamente in termini di consensi e fallisce il tentativo di conquistare per la prima volta il seggio agli Stati, obiettivo che dopo il primo turno per non pochi osservatori sembrava alla sua portata.
Lo scambio di voti tra i candidati del PLRT e del PS è stato evidente, ma non sufficiente per defenestrare il senatore di centro-destra. Il cosiddetto ticket Marty-Cavalli – i dati del ballottaggio lo confermano – aveva fatto il pieno dei voti già al primo turno, mentre Lombardi aveva ancora un buon potenziale di preferenze non espresse a suo sostegno nel primo turno, potenziale che ha poi raccolto grazie anche all’appoggio della Lega e alla partecipazione di Attilio Bignasca al ballottaggio. Il suo recupero il 18 novembre è stato notevole.
Queste elezioni federali hanno palesato come gli elettori tendano sempre più ad esprimere la loro volontà politica ed effettuare le loro scelte oltre gli steccati di partito. Il sistema maggioritario vigente per l’elezione del Consiglio degli Stati ha favorito – ed è la sua stessa natura – questo processo, ma anche nell’elezione del Consiglio nazionale la tendenza era apparsa abbastanza chiaramente.
Le diversità di impostazione politica che attraversano internamente i partiti, al di là delle persone, sono tali da riproporre nel nostro Cantone una seria riflessione sul sistema elettorale. La concordanza fine a se stessa mostra da diverse legislature i suoi pesanti limiti e i suoi lati più indigesti quando si tratta di dividersi la torta delle poltrone pubbliche e parapubbliche. Il sistema maggioritario, oltre che migliorare la governabilità del Paese, costringerebbe i partiti e i loro apparati a fare un passo indietro e a liberare molti spazi della società civile da troppo tempo occupati con una logica meramente spartitoria. Sarebbe un bel progresso.
Marina Masoni
22 novembre 2007
Pubblicato il: 22/11/2007