Cosa ci insegna il risultato delle elezioni cantonali? In un’ottica liberale ci dice che quando in Governo non viene attuata una politica attenta e sensibile anche alle istanze moderate (più reddito al cittadino, meno imposte allo Stato; più spazio all’iniziativa privata e alla società civile, meno potere alla burocrazia; più libertà e responsabilità, meno limitazioni statali), vince il movimentismo leghista che raccoglie anche i voti (le schede) di elettori di area liberale. Non perché i moderati si identifichino nella politica e men che meno nei metodi della Lega, ma perché pensano che più consensi e più potere alla Lega permettano in qualche modo di realizzare, almeno parzialmente, quelle istanze moderate che i partiti storici, in certi periodi, dimenticano o rifiutano.

Lo abbiamo vissuto tre volte negli ultimi vent’anni. Nel 1991 il Ticino andò alle urne al termine di una legislatura che aveva chiuso le porte alla politica di sgravi fiscali e di limitazione della spesa pubblica realizzata in precedenza dal ministro delle finanze Claudio Generali, dimessosi a metà mandato nel 1989. Nel Governo di allora la sinistra aveva due seggi.

Nel 1995 il Ticino votò al termine di un quadriennio in cui le imposte vennero aumentate ai cittadini e la disoccupazione si impennò raggiungendo livelli mai conosciuti prima, in una crisi economica strutturale che fece paura a molti ticinesi.

Il 10 aprile scorso il Ticino è andato alle urne dopo una legislatura in cui il Governo ha combattuto ogni proposta esterna di diminuzione delle imposte, senza realizzare le riforme fiscali promesse e senza riuscire a combattere in modo incisivo la disoccupazione.

In tutte e tre le prove elettorali la Lega ha ottenuto successi, nella seconda (1995) ha vinto parallelamente alla componente liberale del PLRT, che i cittadini hanno voluto riportare in Governo. Da quel momento il partito di Bignasca non era più cresciuto: al contrario, aveva perso consensi fino al 2003, anno in cui è entrata in vigore l’ultima riforma fiscale con ragguardevole diminuzione delle imposte, soprattutto per il ceto medio. La Lega si è così resa conto che una componente liberale del PLRT forte e attiva nel realizzare la propria politica, in primis ma non solo in campo fiscale, le sottrae voti e limita il suo potere.

Emarginata quella componente nel PLRT rappresentato in Governo, la Lega ha invece subito riconquistato spazio e ha anzi rotto gli argini, come bene ha scritto questo giornale. Ha attratto il consenso dei moderati, di molti cittadini del ceto medio resi meno sicuri dalla crisi della finanza e dalla concorrenza dei frontalieri, di diversi titolari della piccola e media imprenditoria, che lottano quotidianamente in un contesto sempre più difficile. Questi cittadini non si sono più sentiti rappresentati da un PLRT e da un Governo disattenti o sprezzanti e comunque inconcludenti verso le loro inquietudini e aspettative.

La conseguenza è stata la realizzazione dell’auspicio autolesionistico e cieco espresso sulla Regione dall’ex consigliere agli Stati Salvioni poco prima del voto: essere meno peggio avere due leghisti in Governo che Sergio Morisoli a fianco di Laura Sadis. Un auspicio certamente non isolato in casa radicale. È inutile, dopo, e anche ipocrita esprimere sconcerto e rammarico per la perdita del seggio in Governo e per la disfatta in Parlamento. O si pretende forse che gli elettori liberali moderati continuino a votare supinamente, fedelmente e silenziosamente PLRT mentre i loro potenziali rappresentanti vengono sistematicamente attaccati e delegittimati dall’interno del partito, tanto da essere ritenuti meno degni di fiducia dei candidati leghisti per governare il Paese?

Siamo ad un bivio. A chi vogliamo delegare la rappresentanza del Ticino che chiede più società civile, meno restrizioni statali, più iniziativa privata, meno espansione statale, più reddito ai cittadini, meno imposte, una scuola pubblica meno egualitaria e che prepari meglio i giovani alle sfide che li attendono, maggiori opportunità di lavoro per chi vive qui piuttosto che maggiori sussidi e aiuti statali per sopperire alla mancanza di opportunità? Si vuole regalare questa rappresentanza in esclusiva alla Lega o, nella migliore delle ipotesi, spingere nell’area dell’astensione chi, da moderato, non se la sente nemmeno di votare Lega o UDC? L’effetto è il medesimo: a vincere, in misura più o meno marcata, è il leghismo (e l’UDC, che a sua volta fa vincere la Lega). Questo era avvenuto nel 1991, questo si è ripetuto, più in grande, il 10 aprile.

Marina Masoni / 17.04.2011

Pubblicato il: 17/04/2011