Il Partito liberale radicale ticinese non perde occasione per dimostrare di non sapersi confrontare internamente secondo il metodo liberale. L’aggressione ideologica contro la candidatura di Sergio Morisoli sulla lista per l’elezione del Consiglio di Stato è l’ultimo esempio di questa incapacità. Contro di lui alcuni esponenti dell’ala radicale vorrebbero decretare il Berufsverbot: è ciellino e quindi, solo per questo fatto, non può essere sulla lista liberale radicale. Per quale motivo, i censori non lo dicono: basta l’appartenenza o la prossimità al movimento Comunione e liberazione per stabilire, senza possibilità di appello, che vi è incompatibilità. Verrebbe da dire che se questi sono i metodi del PLRT, vi è incompatibilità tra il PLRT e il liberalismo. Ma fortunatamente la commissione-cerca è stata di altro avviso e molti liberali ticinesi sono di altro avviso. Conosco bene Sergio Morisoli: è stato il più alto funzionario del Dipartimento delle finanze e dell’economia nei 12 anni in cui sono stata in Consiglio di Stato. Al DFE era stato chiamato all’inizio degli anni Novanta dall’allora ministro delle Finanze Dick Marty. Come deputata che faceva parte della Commissione della gestione ebbi modo di apprezzare, in quel periodo, le sue capacità in ambito economico e in particolare in materia di politica del lavoro. Le sue convinzioni religiose non hanno mai creato alcun problema, proprio perché è un liberale nelle idee e nel metodo. Non so nemmeno se appartenga veramente a CL o se sia solo vicino a questo movimento cattolico. Non ha alcuna rilevanza. Non dovrebbe averla per nessun vero liberale. Ciò che conta sono le azioni, il comportamento, le idee politiche, i progetti proposti per il Ticino, il suo sviluppo, il suo benessere e quello della sua comunità. Cosa temono i radicali illiberali che lo vorrebbero incompatibile con alte cariche politiche in rappresentanza del PLRT? Che confonda la legge di Dio con le leggi dello Stato? Che cerchi di fare tabula rasa della separazione Stato/Chiesa? Se è così, dimostrano una profonda ignoranza nei confronti del cattolicesimo liberale o del liberalismo cattolico, il quale, proprio perché liberale, è forse più attento di altre dottrine alla separazione tra le due sfere, a salvaguardare l’assoluta autonomia della sfera religiosa dalle interferenze dello Stato (e viceversa). V’è anche chi si spinge ancora più in là nel porre barriere ideologiche, come Sergio Salvioni su un domenicale, affermando che per quanto fatto tra il 1995 e il 2007 al DFE Morisoli non deve oggi avere spazio nel PLRT. Non si accetta nemmeno più il confronto. Questa sarebbe la tolleranza a parole predicata dai radicali? Indipendentemente dalle simpatie personali, il confronto sulla candidatura Morisoli è un bel banco di prova per il PLRT. Molti liberali si stanno domandando se vi sia ancora un diritto di cittadinanza nel partito oppure se, prima o poi, bisognerà cercare altrove gli spazi per impegnarsi politicamente in nome dei valori del liberalismo. La prossima campagna elettorale dirà molto a questo riguardo.

Marina Masoni
ottobre 2010

Pubblicato il: 05/10/2010