Il Governo e il Parlamento ci propongono in votazione popolare un ben strano meccanismo per evitare il deragliamento dei conti pubblici. Il locomotore cantonale è dotato di un unico pedale: dovrebbe essere un freno (che agisce sui disavanzi), ma nella realtà è un acceleratore (che agirebbe sulle imposte a carico dei cittadini e delle imprese). Certo, perché per evitare che in futuro il Governo e il Parlamento spendano più di quanto il Cantone riceve tramite le imposte e le altre entrate (che sono comunque date, indirettamente, sempre dai medesimi contribuenti), il cosiddetto freno ai disavanzi introduce uno strumento nuovo: il moltiplicatore cantonale d’imposta, detto anche coefficiente. Se i conti non tornano in sede di preventivo, il Governo e il Parlamento, che hanno dimostrato in questi anni di non voler agire sulla spesa pubblica in misura sufficiente, aumenteranno le imposte, alzando il moltiplicatore. Se ad esempio il disavanzo massimo ammesso per legge è di 100 milioni di franchi e il progetto di preventivo è in rosso per 200 milioni, i 100 milioni mancanti saranno recuperati non con provvedimenti di risparmio, ma con un aumento lineare dell’imposta a carico delle persone fisiche e di quella a carico delle persone giuridiche.

Il freno ai disavanzi è dunque uno strumento efficace: ma non per frenare l’aumento della spesa pubblica, bensì per aumentare la pressione fiscale in un cantone che avrebbe invece bisogno di rilanciare una politica tributaria favorevole al ceto medio, concorrenziale per i redditi alti e incentivante per le imprese che devono lottare con competitori avvantaggiati da condizioni quadro migliori offerte da altri cantoni.

Non deve ingannare il fatto che contro la modifica costituzionale che introduce il freno ai disavanzi con il moltiplicatore cantonale d’imposta sia schierato anche il Partito socialista. Il PS si oppone non perché non vuole aumentare le imposte per evitare i deficit, ma perché vorrebbe aumentarle più facilmente. Nel nuovo articolo costituzionale si stabilisce infatti che l’aumento del moltiplicatore d’imposta può essere deciso solo se in Gran Consiglio c’è una maggioranza qualificata dei due terzi. Per il PS questo ostacolo è un’aberrazione giuridica, perché dovrebbe essere sufficiente la maggioranza semplice, come per tutte le altre decisioni del Parlamento.

L’obiezione giuridica è legittima, ma marginale e fuorviante. Al PS importa poter aumentare più facilmente le imposte a carico dei cittadini e delle imprese. È una posizione coerente con la linea che il PS ha sempre seguito, opponendosi in pratica a tutte le proposte di diminuzione delle imposte fatte negli anni passati e affermando l’esigenza di invertire la rotta.

Questa posizione discende da una concezione ribaltata del rapporto tra cittadino e Stato. Secondo il PS i soldi delle imposte non sono proprietà del cittadino, ma dello Stato, per cui se lo Stato riduce le imposte, fa un regalo (che il PS ritiene quasi sempre ingiustificato) al cittadino. Per chi ha invece una concezione fondata sul primato della società civile, i soldi sono di proprietà del cittadino che li guadagna: solo in base a un patto fondato sulla Costituzione e sulle leggi, il cittadino contribuisce a finanziare, con i suoi soldi, servizi e prestazioni pubbliche. Nella concezione liberale, il cittadino ha il diritto di mantenere per sé nella misura massima possibile il reddito e gli utili frutto del lavoro, degli investimenti, delle attività economiche in generale.

Il moltiplicatore cantonale d’imposta mette in discussione questa concezione, perché considera implicitamente il reddito del cittadino un pozzo al quale lo Stato può liberamente attingere. Chi sostiene questo strumento fa valere che l’aumento delle imposte con il coefficiente cantonale sarebbe soggetto a referendum facoltativo. Ci mancherebbe che così non fosse: non saremmo più in una società libera fondata sul diritto di proprietà. Oltre a questa considerazione di principio, occorre comunque osservare che non è semplice lanciare un referendum e raccogliere il numero di firme necessario affinché il popolo possa esprimersi: lo si può fare un anno, forse due, ma se Governo e Parlamento, per finanziare i continui aumenti di spesa, fanno ricorso sistematicamente ad un adeguamento del moltiplicatore verso l’alto, diventa in pratica impossibile fare valere il diritto popolare, perché i costi si farebbero proibitivi per i referendisti. Il moltiplicatore può infatti essere aumentato ogni anno.

È proprio questa facilità di utilizzazione a rendere molto pericoloso questo strumento: se introdotto, verrebbe a cadere – paradosso della terminologia – ogni freno inibitorio nell’aumentare la spesa pubblica e nel far seguire, a questa tendenza, un parallelo aumento delle imposte.

Il Ticino, i cittadini e le cittadine che lavorano, le loro famiglie, chi fatica a trovare un impiego, coloro che hanno raggiunto la pensione dopo aver lavorato tutta una vita, i piccoli e medi imprenditori confrontati con difficoltà di ogni genere, le grandi aziende che si battono giorno per giorno su mercati sempre più difficili, di tutto hanno bisogno fuorché di un acceleratore d’imposta travestito da freno ai disavanzi.

Marina Masoni / 18.04.2014

Articolo apparso sul Corriere del Ticino il 7 maggio 2014

Pubblicato il: 09/05/2014