È proprio necessario aumentare da7 a9 il numero dei consiglieri federali? La questione torna d’attualità. La Commissione delle istituzioni politiche del Consiglio nazionale ha deciso di elaborare un’iniziativa per la modifica della Costituzione federale. L’obiettivo? Avere un Consiglio federale in cui le minoranze linguistiche siano rappresentate meglio. La Commissione pensa in particolare alla Svizzera italiana “che con l’attuale costellazione dei partiti non ha praticamente più alcuna possibilità di avere un rappresentante tra i sette membri che compongono il collegio governativo”.
La questione è posta male per due motivi. Il primo attiene all’assetto istituzionale in generale. Compito principale e prioritario del Consiglio federale non è rappresentare, ma governare. Beninteso: una cosa non esclude l’altra. Ogni membro dell’esecutivo deve rappresentare tutto il Paese. Ma se dobbiamo scegliere tra sacrificare un poco l’efficacia governativa e sacrificare un poco la rappresentanza delle minoranze linguistiche, non dovremmo avere dubbi: sacrifichiamo un poco, nei limiti dell’equità confederale, il criterio della rappresentanza. Nel nostro sistema federalistico, il compito di rappresentare le minoranze linguistiche spetta al Parlamento più che al Consiglio federale. Per questo, nel regolamentare l’elezione e la composizione del Consiglio federale, la Costituzione stabilisce, in modo opportunamente sfumato e non perentorio, che “Le diverse regioni e le componenti linguistiche del Paese devono essere equamente rappresentate.” (art. 175). Un Consiglio federale di 9 ministri darebbe più potere all’amministrazione (due Dipartimenti in più), indebolirebbe l’Esecutivo e metterebbe più a rischiola collegialità. Sarebbepiù rappresentativo, ma meno efficace.
Il secondo motivo attiene alla Svizzera italiana. Il nostro federalismo dà ampie garanzie alle regioni linguistiche: la Svizzera non teme confronti con altri Paesi. In questo contesto, una minoranza linguistica non deve rivendicare, ma deve dare. E possibilmente deve dare il meglio. Se abbassiamo l’asticella, se cioè garantiamo in partenza un seggio in Consiglio federale alla Svizzera italiana, questo stimolo viene meno. Per noi svizzeri italiani, il seggio non dev’essere un diritto garantito dalla Costituzione, ma una conquista data dalle nostre competenze messe al servizio del Paese.
Marina Masoni/02.09.13
Articolo apparso sulla NZZ am Sonntag l’8 settembre 2013 con il titolo “Die Südschweiz braucht keine Quote im Bundesrat”
Tags: Federalismo, Politica
9 settembre 2013
Pubblicato il: 09/09/2013